Spirito
Eros
Dal cassetto

L’incontro con Paolo Villaggio

Intorno al 2010 andai a vedere Paolo Villaggio al Teatro Filodrammatici di Milano. La sala era gremita. Si apre il sipario e sulla scena completamente vuota c’è lui, che vestito con una specie di larghissimo pigiama bordeaux rimane in silenzio per almeno 40 secondi (tempo infinito ad inizio spettacolo).

Rimane in silenzio, e guarda il pubblico stando seduto a gambe larghe su una sedia di legno, e con i testicoli penzolanti in chiara evidenza.Poi comincia un monologo “a braccio” sulla decadenza alla quale porta l’età, su i “coglioni penzolanti”, e sulla caccia alle lucciole vicino al mare in Liguria. E’ un racconto pieno di fantasia, di visioni, di immagini. Pieno della vita di un uomo che l’ha vissuta, la vita.

Alla fine dello spettacolo lo incontro fuori dal camerino e ci fermiamo qualche minuto a conversare. Quella sera fredda d’inverno io indossavo un tabarro blu mare fatto su misura, un tabarro che amo molto e che lo incuriosì: cominciò a farmi una serie di domande … non si poteva parlare di altro: dov’è l’ha comprato? quanto l’ha pagato? ma è di lana? e se piove? ma il colore l’ha scelto lei?

Io rispondevo davanti a quella figura con i capelli bianchissimi e con la barba alla Mosè. Lui portava una giacca di pelle nera e dei jeans; ricordo che stava in piedi fermo sulle due gambe senza muoversi di un passo, e puntando gli occhi “severi” su di me. L’impressione era quella di essere davanti ad un uomo potente. Potente della sua intelligenza. Alla fine mi lasciò il suo indirizzo chiedendomi, gentilissimo, di inviargli notizie sul tabarrificio, cosa che naturalmente feci.

Villaggio ha creato una maschera altissima. Un clown inarrivabile. Villaggio è stato come Buster Keaton, come Chaplin, come Totò, Stanlio e Olio. Ha giocato a fare l’Ombra di molti italiani, a rappresentare “l’uomo medio” nella sua banalità, nella sua nascosta aggressività; in fondo ha raccontato sempre della disperata tristezza di quell’uomo.

Per questo alcuni non l’hanno mai sopportato. Perché non sopportavano di guardarsi allo specchio attraverso Fantozzi.
Ma questo è il dono del comico vero. Mostrare la povertà.

Grazie dunque a Paolo Villaggio, è stato una meraviglia!